Le dialogue en classe de fle

CAPITOLO I 1 SSIS: percorso di formazione professionale e personale. 1.1 Non ci si può improvvisare insegnanti Questo che si sta per concludere è l’ultimo ciclo della scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario, un’ opportunità di crescita sia professionale che personale per chi l’ ha frequentato e un’occasione mancata per tutti coloro che non avranno la possibilità di vivere questaesperienza. Un cammino che va percorso con la lucidità di intenti e la consapevolezza che non ci si può improvvisare insegnanti. È un percorso che non ha un traguardo, ma che personalmente, mi ha aperto le vie della professione che ho scelto di intraprendere. Ogni titolo conseguito va riempito di significati e contenuti: l’abilitazione all’insegnamento non è un titolo che permette aglispecializzandi di inserirsi in una graduatoria diversa da quella attuale, ma è un valore aggiunto alla propria formazione. Determinazione, motivazione e profonda conoscenza della disciplina che si insegna sono degli ottimi requisiti di partenza, ma non possono bastare per poter praticare questa professione se non sono affiancati da competenze che da sempre hanno fatto parte del patrimonio professionale degliinsegnanti e che la contingenza storica in cui ci si trova ad operare ha reso ancora più evidenti: competenze educative, sottolineate anche da specifici progetti del Miur (le cosiddette « educazioni »), competenze organizzative, particolarmente evidenziate dalla cultura dell’autonomia, competenze progettuali, derivanti dalla capacità propria di ogni insegnante di operare in modo organizzato econsolidate da decenni di sperimentazioni sul campo,competenze valutative, sul versante educativo, docimologico e di sistema, competenze relazionali, sempre più necessarie a fronte delle nuove esigenze sia delle giovani generazioni sia della comunità scolastica e del contesto in cui opera, competenze comunicative, sul piano verbale, non verbale, iconico e multimediale.

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1.2 Niente va lasciatoal caso Dopo il primo anno di corso della scuola di specializzazione mi sono dovuta rendere conto di quante volte ho seguito l’istinto, senza avere dei punti di riferimento, senza strumenti su cui basare i miei interventi didattici, mi sono accorta di aver dato per scontato molti aspetti della professione e di non averne assolutamente considerati altri. Prima di tutto questo percorso mi ha quindiinsegnato a prendere le distanze dalla mia pratica didattica e da quella della professoressa accogliente durante il periodo di tirocinio: per tutta la durata dello stage nella scuola media ho cercato di osservare criticamente gli aspetti e i protagonisti coinvolti nel insegnamento – apprendimento considerato. Non appena entrata in classe la mia attenzione è stata richiamata dall’ambiente fisicodello spazio aula, particolare su cui non mi sono mai soffermata prima di partecipare al corso di “Gestione della classe” Tenuto dal professor Luigi d’Alonzo e al laboratorio “La professionalità docente” del mio supervisore di tirocinio, la professoressa Marelia Gabrinetti. Numerosi sono stati gli studi che hanno dimostrato l’influenza che esercita sulla comunicazione, verbale e non verbale, ladisposizione spaziale degli allievi in alcune aule. Jones propone a questo proposito una sistemazione dei banchi che permetterebbe agli allievi di lavorare in gruppo, ma nello stesso tempo offrirebbe loro la possibilità di raggiungere più velocemente risultati significativi sul piano del successo scolastico. Occorre però tener presente che Jones completa l’esposizione della sua proposta, sottolineandola necessità che tale disposizione venga accompagnata da un lavoro e da un comportamento didattico, impostati sulla sua facilità nel raggiungere velocemente l’allievo distratto e sulla sua capacità di suggerire l’esatta procedura del compito assegnato con discrezione e puntualità, muovendosi agilmente da un punto all’altro dei semicerchi. L’aula in cui ho svolto le ore di tirocinio presentava…